lunedì 29 ottobre 2012

Viva l'Italia

L'italia come "deposito di cose preziose", oppure mera espressione geografica?
Siamo stati nel tempo amati, denigrati, maltrattati in molti modi e da molti. Visitare la mostra di Paul Klee, artista tedesco che ottenne la naturalizzazione solo dopo la sua morte, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, e avvertire come questo sentimento ondivago di ammirazione e nel contempo rifiuto, disprezzo nei confronti dell'Italia sia palpabile."Il diavolo mi porti" scrive Klee nei suoi diari nel 1902," se questo è il mio ultimo soggiorno in Italia. Mi sono a poco a poco affezionato a ogni cosa di questo Paese, persino alla gente, le cui cattive maniere mi disgustavano in principio". L'Italia come viaggio di formazione umanistica di tanti artisti di ogni tempo, che tanta parte ha avuto nella poetica dell'artista; il contrasto tra l'aldiquà e l'aldilà (diesseits-jenseits), celebrato in una poesia del 1920 " Nell'aldiquà sono inafferrabile./Abito bene con i morti/ come i non nati. Sono/ più vicino al cuore della creazione./ Eppure non abbastanza".Il viaggio in Italia inteso anche come "eterna nostalgia per il sud", sud rappresentato nei paesaggi siciliani, inteso da Tulliola Sparagni come "Sud atemporale e dilatato geograficamente nella grande area del Mediterraneo in cui sono riunite la civiltà classica, araba e africana".
La forte emozione provata da Klee a Villa Adriana a Tivoli"vero paradiso in terra". "A sera, c'erano atmosfere di una gravità che, stando alle tradizionali descrizioni cromatiche, non ti saresti aspettato in Italia, se non le avessi viste di persona. Tutto questo supera in forza e fantasia, non solo, ma in serietà e nobiltà estetica quanto si è visto sinora,così che il congedo è come venato di una certa malinconia."
E poi " La  città più bella che abbia visto in vita mia è Genova, con i suoi alti palazzi- ho contato fino a tredici piani- che sanno nascondere splendidamente la miseria."

lunedì 22 ottobre 2012

Tutti i santi giorni

Anti eroi, anti conformisti insomma italiani.
Poetici, intensi, colti, come molti italiani. Semplicemente vivi, ricchi di passato, assetati di futuro. Ci appaiono  così gli interpreti di questo film dove anche prendere il treno diventa puro lirismo, dove il protagonista disdegna un lavoro che gli porterebbe soldi e prestigio pur di aver modo di coltivare con dignità le proprie passioni. La poesia di frasi che arrivano dalla memoria di un bambino, sapienza di nonne mai dimenticate.
Una colonna sonora, fil rouge del film, perché la vita come la musica ha una potenza creativa a partire dalle piccole cose. La cantante, ora attrice,siciliana Thony cui auguriamo un grandissimo successo.

venerdì 19 ottobre 2012

Canottaggio

Punto di vista rovesciato
verde, rapida onda
contro sole,persone piccole dal ponte guardano
il gesto ritmico, potente e coreografico
la barca  sottile che  danza sul fiume

giovedì 18 ottobre 2012

A B2.

Nella prigione dei tuoi  pochi anni
sottile, invalicabile, trasparente muro
tendi la tua mano affusolata
afferra con tutte le forze ricordi felici
non indugiare
non disperarti
capisco la rabbia, l'inquietudine
lasciati abbracciare!

lunedì 15 ottobre 2012

A B.

Il canto buffo di una papera volante
l'incubo della notte,
i suoi fantasmi svaniti
capelli, occhiaie, unghie
l'abisso di un mondo senza amore
la bellezza, i tuoi occhi grandi
capelli arruffati colorati


venerdì 12 ottobre 2012

Pietroburgo

Le cupole dorate di San Isacco risplendono al lento cadere della neve sottile
I passi scricchiolano e gli alberi di Natale illuminano piazze sconfinate
Palazzo d'Inverno, colori tenui, Neva ghiacciata
Passeggiate, freddo che punge il viso, sguardo sollevato per abbracciare tutto
e cogliere altri occhi assorti, accondiscendenti

mercoledì 10 ottobre 2012

Come monadi interconnesse

Metto i cerotti per non spellarmi le mani mentre remo e butto un occhio alla posta e a twitter sul mio telefono rischiando di fare un passo falso mentre cammino sui sanpietrini.
Mi viene in mente Sarah Jessica Parker nel film Did you hear about the Morgans, il suo terrore di vivere lontano dalle sue connessioni con il mondo. E poi penso all' esilarante articolo di Annalena Benini su Il Foglio Occhio al tweet, dove  la generazione di genitori fruitori di tecnologia viene definitia a ragione il più grande pericolo per i figli del nuovo millennio.
Secondo uno studio condotto in Germania da  Wihelm Hofmann dell'Università di Chicago e Katleen D. Vohs dell' Università del Minnesota la tentazione di connettersi sarebbe più forte di quella di fumare,bere e fare l'amore.
Una chiave di lettura diversa, quasi sublime direi, della necessità, o piacere, di accedere alla rete ce la fornisce Maria Luisa Palumbo, coordinatrice dell'area Re Made in Italy della Biennale di Architettura di Venezia. Il suo libro stupendo Paesaggi sensibili dedica un intero capitolo alla strana realtà del virtuale.
"Dalla palafitta all'areoplano alla rete, noi abitiamo trascendendo continuamente l'ambiente che ci è dato: abitiamo immaginando e costruendo mondi ulteriori. E in essi ulteriori forme di esistenza." Secondo l'autrice ciò che può aiutarci a capire meglio la strana realtà del virtuale è la fisica quantistica che ci descrive un mondo subatomico caratterizzato dalla impossibilità di osservarlo senza perturbarlo.  L'interconnessione comporta una velocità di scambio, di battuta, di pubblicazione di qualcosa che può non essere finito."..Io intravedo una stupefacente e affascinante convergenza tra le esperienze che indagano sulla trama profonda della realtà fisica ( portandone alla luce gli aspetti connettivi), le esperienze del nostro sentire mentale e le esperienze di apertura della soggettività rese possibili dalla tecnologia di rete.In questa riconciliazione tra la trama sottile della materia e la strana realtà del virtuale, come spazio e come tecnica della convergenza e della connettività, trovo qualcosa di profondamente spirituale. Una possibilità di comunione o continuità tra forme di esistenza differenti, tra cose sino a ieri inconsapevolmente connesse in un'unica struttura di particelle elementari, domani forse unite da un sentire comune."
   Siamo monadi senza finestre, come credeva Leibniz,o per esistere dobbiamo esser-fuori (ek-sistere) sulla rete?

domenica 7 ottobre 2012

Rue du Bac

Se dovessi tornare a Parigi vorrei abitare rue du Bac, a due passi dal n 23 di rue Vaneau, luogo dell'anima della mia giovinezza. Non potendo ritrovare quell'ultimo piano con le pareti di stoffa dove un enorme gatto nero amava arrampicarsi sino al soffitto, dove affacciandoti sulla terrazza godevi della vista sulle cupole dorate de Les Invalides, cercherei un albergo storico a due passi, sulla rive gauche, il Montalembert.
In questo autunno un pò strano, mi piacerebbe godermi la splendida mostra su Edward Hopper al Grand Palais, oppure l'allestimento del Musèe du Luvre sugli ultimi anni di Raffaello; non perderei l'esposizione su "L'Impressionisme et la mode" al Musée d'Orsay, senza trascurare piccoli gioielli come il museo Picasso e la mostra "La belle Epoque de Jules Chéret" al Musée Toulouse- Lautrec.
Tornerei a sedermi sulle sedioline del Les Deux Magots e mi perderei nelle librerie della rue Bonaparte.www.grandpalais.fr
www.louvre.frwww.musee-orsay.fr www.museetoulouselautrec.net

mercoledì 3 ottobre 2012

Europa je t'aime

L'ambivalenza del mio modo di vedere i francesi ha diverse motivazioni.
Quello che oggi mi interessa è raccontarvi una storia. La luce bianca che entra dalle grandi vetrate di una scuola, i sorrisi sereni e i volti mai indifferenti delle persone che si muovono al suo interno.
Ho incontrato la direttrice diversi anni fa, quando mia madre era ancora viva. Mi è sembrata una francese atipica. Un viso aperto, occhi limpidi e sereni. Uno di quei volti rassicuranti che ti pare di conoscere da quando sei bambina, che trasmettono l'idea di dedizione e serietà.
Dopo un colloquio in parte in italiano, che lei parla perfettamente, e in parte in francese, corretto da lei che ha l'abitudine dell'insegnamento, ho deciso di mandare mio figlio in questa scuola.
La mia fiducia è sempre stata istintiva, qualche cosa che non viene dal ragionamento, ma mi rende sicura più di un calcolo matematico. Non ho avuto un attimo di ripensamento.
Ho trovato sconvolgente, ma anche stimolante il fatto che ogni anno, asilo compreso, i bambini sono abituati al cambiamento. Cambiamento di maestre, cambio di banco a rotazione, per abituarsi a stare insieme a tutti.
In questa scuola mi sono dovuta abituare all'idea che anche delle aiutanti di laboratorio possano diventare maestre.E qui subentra la diffidenza verso quella presunzione palpabile tipica francese. Presunzione anche di saper insegnare l'italiano comme il faut con il minimo delle ore.
La maestra di italiano, che sostituiva la storica maestra Toni, non sembrava in grado di svolgere il programma. Ho ingaggiato la mia battaglia, con la mia voce tremula davanti ad una platea di francesi attoniti, ed ho ottenuto la super visione di una professoressa della scuola pubblica italiana. Con buoni risultati. Si è parte di una comunità dove le cose sono organizzate, ma dove è possibile intervenire per dare il proprio contributo, ove necessario.
L'idillio delle volte si trasforma in incubo quando, alla domanda della professoressa di geografia su cosa si possa fare per lo sviluppo sostenibile, una ragazza francese risponde "educare gli italiani".
Un solo episodio, il solito stereotipo  Ah les Italiens!
Cambiare il mondo è possibile solo se è dato più spazio a persone serie, con occhi limpidi e attenti. Una francese che sembra un'italiana.
Non esisterà Europa che funzioni senza un profondo reciproco rispetto.

lunedì 1 ottobre 2012

La contessa di ricotta

Leggere per la prima volta  un romanzo di Milena Agus in francese. Leggerlo perchè incuriosita dal numero di agosto di Magazine Littéraire che la menziona tra le dieci grandi voci della letteratura straniera insieme a scrittori del calibro  di John Maxwell Coetzee e Mario Vargas Llosa. La capacità dei francesi di scoprire talenti non solo letterari d'oltralpe è indubbia, e spiega la ragione per cui in Italia il successo è arrivato solo dopo la risonanza che il suo secondo romanzo Mal di pietre ha avuto in Francia.
Essere proiettati nella luce, nei suoni e negli odori del libro che leggiamo. Sembra quasi di vedere il quartiere di Castello di Cagliari descritto come un posto dove poveri e ricchi, intellettuali e ignoranti abitano le stesse case  ed é facile vedere come vivono gli altri perchè le strade sono strette e la gente si parla da una finestra all'altra, da una porta all'altra, si sente tutto d'estate quando si tiene aperto per il caldo.
E mentre il titolo ci farebbe pensare al nome di una famiglia di antico lignaggio scopriamo che la protagonista è una contessa sì, ma maldestra e con un cuore ferito dalla vita reale. È una creatura esile, poetica, che indugia sull'uscio prima di entrare e che abita il più buio degli appartamenti dello splendido palazzo avito.Molto diversa dalla sorella Maddalena sensuale e disinibita. Così diversa anche da Noemi che si vanta di avere una visione sistematica delle cose, mentre la contessa di ricotta è così attenta ai particolari che le sfuggono, con cui mina quella visione d'insieme. Ci sono giorni magici, però, in cui le tre sorelle si alzano presto, quando non c'è nessuno e  tutto è limpido e i colori sono vivi e si sente un delizioso profumo di pesce fresco, l'aria, la gaiezza della tavola apparecchiata e delle vacanze e la vita non sembra poi così male, "perchè Dio non è affatto un imbecille e sa molto bene quello che fa".