mercoledì 19 dicembre 2012

A B.3

Occhi scintillanti, neri
Come la paura del buio
Come pensare di essere soli
Come l'abisso dell'anima
Una scintilla di luce
Come il sorriso di Franco
quando cantavi a tre anni
L'amore che è amore anche se fa male



Straniera

Foglie di platani mosse dal vento
cielo azzurro intenso, ponti di marmo bianco
freddo in faccia, sui sanpietrini lisci
luce arancione, come le foglie

mercoledì 12 dicembre 2012

stupenda e misera città

Stupendo è qualcosa che stupisce, che non avevi mai visto in quella luce, come quando viaggi, il cielo è  limpido e i colori brillanti, che ti sembra di viaggiare in una strana dimensione, in un quadro.
Ti stupisce Roma quando stai ferma al semaforo con la vespa e davanti la vista più bella, il Ponte con le sculture del Bernini e Castel Sant'Angelo.
Non desiderare nient'altro che fermarsi in quell'istante eterno, il sole tiepido che può poco contro il gelo.
E poi guardarla, amarla anche nelle sue miserie e sporcizie. I mucchi di stracci sull'argine, quei visi sporchi di clochard e la gente che impreca per il sentimento di non riuscire a cambiare quel destino stupendo e misero.

martedì 11 dicembre 2012

buco nel cielo

Cerchi l'immagine che avevi in testa quando non potevi annotarla
guidavi veloce, il cielo grigio e denso
un buco di luce in mezzo al grigio
i raggi illuminano di verde le colline

1998

Mamìn, sei stata con me, Ludovico e Antonella a Modena per le prove del vestito.
Hai fatto un lungo viaggio con noi e poi sei partita da sola in treno verso l'altro tuo figlio, papà.
Sono malinconica perchè vorrei tutte le persone che amo vicine, ma so che devi andare

lunedì 3 dicembre 2012

Melting-pot

 " Abitiamo una casa dalle mura flottanti e quando non ci sono più le mura si smarrisce il senso di identità"David Grossman, considerato uno dei più grandi scrittori israeliani, descrive in questo modo  lo sforzo di molti intellettuali di comprendere l'identità del proprio Paese.
L'approccio scelto dai fondatori di Israele ha un legame con le politiche di immigrazione dei paesi occidentali. Mentre negli Stati Uniti l'Immigrazione è stata libera fino agli anni venti e l'Immigration Act del 1924 fissava limiti numerici all'immigrazione in base alla nazionalità d'origine, nei documenti fondativi di Israele  viene espressa la necessità di una politica di immigrazione liberale.
Guardare l'architettura Bauhaus dominante il centro di Tel- Aviv e comprendere come le prime comunità venivano dalla Polonia, dalla Germania e dall'Europa centrale. Non si può guardare alla realtà di Israele senza considerare che la sua popolazione è costituita da comunità anche molto diverse tra loro. Durante gli anni '70 sono arrivati circa 170.000 immigrati russi e il loro numero é continuato ad aumentare negli anni '80. Tra gli anni 80 e 90 è stata la volta di circa 80.000 Etiopi. In Israele vivono anche molti arabo-israeliani che preferiscono un Paese dove hanno migliori condizioni di vita e una libertà di espressione sconosciuta nei territori palestinesi. L'idea che prevale nell'immaginario collettivo è quella, quasi caricaturale, di uno Stato fondato sulla religione e i fatti che vengono usualmente raccontati dai media hanno rilevanza marginale. Mi riferisco, ad esempio, alla eco internazionale del tentativo della minoranza ortodossa di imporre la separazione tra uomini e donne sugli autobus. Ci sono artisti come Valentine Vermeil, diplomata alla École des Arts décoratifs   di Parigi che ci offre con i suoi scatti fotografici esposti nei più importanti musei del mondo, uno sguardo sulla realtà israélo-palestinese ritraendo le persone nella loro realtà di tutti i giorni: sulla spiaggia di Tel-Aviv, a pregare a Gerusalemme davanti le mura del pianto, o l'imagine di donne palestinesi che danzano sulla riva del mare a Yaffo.

domenica 25 novembre 2012

Incipit

Forse è perchè l'autunno viene dopo l'estate, forse è perchè dal caldo sole estivo si passa al freddo e alla pioggia che precede l'inverno.
Forse è per questo che l'autunno non mi piace, perchè d'estate sto tutto il giorno all'aperto  e in autunno si torna a scuola e si sta più al chiuso in casa. E non riesco proprio a capire perchè a mia mamma piace tanto l'autunno.
A lei piace tanto andare nella casa in campagna dei nonni, dove in autunno le foglie degli alberi prima di cadere diventano di tanti bei colori: dal giallo, all'arancione, al rosso della vite americana.
Anche a me in fondo l'autunno un pò mi piace, perchè mi ricorda la vendemmia dell'uva dolce e mi ricorda il nonno che toglieva le foglie sul prato, il camino con l'odore di legna e la padella bucata per cuocere le castagne sulla brace rossa, un grande tavolone di legno dove tutti noi ci riunivamo allegri e io e mia cugina che saltavamo sui mucchi di foglie scricchiolanti.
Questo autunno non ho passeggiato nel bosco tanto amato, bardato nella giacca perchè fa freddo.
Non ho aiutato il nonno a togliere dal prato le foglie gialle e arancioni che cadono dal grosso tiglio del giardino. Non sono andato nemmeno a Gubbio per vendemmiare e non ho aiutato lo zio a travasare il vino dell'anno scorso.
L'autunno mi ricorda la fatica allegra della campagna,  mi ricorda la Peppa che ride con la faccia rossa davanti al camino, mi ricorda il sapore della farina impastata con l'acqua e la crescia che quando la mangi ti rimane un pò di cenere sulle dita.
Mentre cammino con Bea sulle foglie cadute che assomigliano ad un tappeto gigante le prendo la mano, alzo gli occhi e vedo le strane forme che fanno gli uccelli quando se ne vanno.

sabato 24 novembre 2012

Mura flottanti

Immersa nella sua acqua
Vede la vita dietro mura flottanti
Lacrime silenziose e calde
Silenti sguardi freddi
La sua casa, i sogni leggeri
miraggio caldo nel deserto

Eppure rilucente

Organismo avulso
Non omogeneo al mondo
Scheggia conficcata in un corpo estraneo, sanguinante
Guardarsi vivere automa autistico
Via di fuga alla quotidiana gabbia

mercoledì 21 novembre 2012

Neanche uno è già troppo

Da quando ha avuto orecchie per ascoltare ho letto a mio figlio tante storie.
Alcune erano storie vere.
Lasciando per un attimo in disparte i sensi di colpa, posso sentirmi soddisfatta di avergli trasmesso il mio amore per la storia, per i fatti.
E così come un fatto storico andrebbe analizzato il conflitto arabo israeliano, senza le lenti deformanti delle ideologie. Quello che mi colpisce in questi giorni, ma più in generale quando si parla di questo tema così complesso è che molte persone prendono posizioni molto nette senza alcun riferimento alla storia e ai fatti che ci hanno portato sino alla crisi attuale.
Bisognerebbe ricordare che dopo la seconda guerra mondiale, quando la realtà dell'olocausto divenne nota a tutti, nei paesi occidentali la riluttanza ad accogliere gli ebrei superstiti non venne meno.
Il governo canadese espresse lo spirito di molti altri governi quando uno dei suoi esponenti sentenziò: "Neanche uno è già troppo". Occorre anche ricordare la risoluzione  181 dell'ONU che stabilisce la spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico. Questa risoluzione, accettata dagli ebrei, non è mai stata ratificata dagli arabi. Di qui l'origine del conflitto.
Nella "Dichiarazione della fondazione dello Stato di Israele" si legge  "la catastrofe che si è abbattuta recentemente sul popolo ebraico, in cui milioni di ebrei in Europa sono stati massacrati, ha dimostrato concretamente la necessità di risolvere il problema del popolo ebraico privo di patria (...) Lo Stato di Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica".
Non si può parlare dello Stato di Israele, quindi senza far riferimento alla indifferenza del mondo occidentale di fronte ad un Paese anch'esso occidentale, che però è stato riconosciuto come tale dalla Santa Sede solo il 30 dicembre 1993.
Non si può parlare dello Stato di Israele senza parlare di Yitzchak Rabin, che non perse mai di vista lo scopo fondamentale di tutte le operazioni belliche di Israele: difendersi e creare le condizioni per arrivare alla pace. Fu lui che il 13 settembre 1993 giunse alla firma della "Dichiarazione dei principi israelo-palestinesi". Rabin pur avendo diretto numerose guerre, che sono state necessarie per la sopravvivenza di Israele, diceva che "la violenza corrode i fondamenti della democrazia israeliana. Bisogna condannarla, bisogna deplorarla, bisogna isolarla. Non è questa la storia dello Stato di Israele. Questa manifestazione deve trasmettere al mondo il desiderio di pace del popolo di Israele".
E il mondo che fa?

lunedì 19 novembre 2012

Io e te

Leggere il romanzo di Niccolò Ammaniti e pensare che probabilmente non andrò a vedere il film.
Non so, forse cambio idea.
Il romanzo è bello e tragico, come la difficoltà di scoprirsi anche solo un istante per conoscersi.
Il mondo dentro che non coincide con il mondo fuori.
E la solitudine, la disperazione di essere trasparenti per paura di farsi male.
Una finestra su noi stessi può aprirsi solo in circostanze magiche, anche in una cantina ammobiliata, quando due estranei alla fine diventano fratelli.
La capacità di raccontare senza indulgere nel compiacimento del dolore è magistrale.
Una nonna adorata sul letto di ospedale sussurra al nipote che è brutto morire così, che il corpo ti vuole trattenere in quell'agonia.Gli chiede di raccontarle una storia, e lui vorrebbe scappare altrove, per il terrore di  vedere chi ama morire.
Eppure il ragazzino si ferma, racconta e riscatta tutti i codardi, come me.

lunedì 12 novembre 2012

Les citronniers

Mi sento israeliana. Vorrei esserlo. Non lo sono.
Un paese nuovo, Israele con una storia millenaria emblema dell'umanità.
Vorrei vivere accanto a persone che sono consapevoli del valore della vita e per questo vogliono rimanere vive.
Voglio vivere in un luogo che non è un luogo, ma una metafora delle divisioni che attanagliano l'umanità.
 Voglio condividere il fermento culturale di un popolo giovane e ancorato alle sue radici.
Forse solo camminando per quelle vie potrò vedere la cecità di un mondo conformista e cieco che non si sforza di comprendere perchè siamo tutti ebrei, siamo tutti divisi, dilaniati e per questo uomini.

Skyfall

Non sono una fan di 007 e non ho più 17 anni. Eppure mi sono infatuata dell'atmosfera  insieme gotica e un pò retrò di Skyfall. Daniel Craig non è solo il bel tenebroso su cui poter contare per un colpo da cecchino, è innanzi tutto un uomo che riscopre le proprie origini e che non ha paura di aver paura. Forse Skyfall ci dice che "vecchio" è bello, anche se sembra una landa desolata, e una Aston Martin è meglio di una BMW.

Lettere a un giovane poeta

C'è un proliferare di scrittori e di scritti di ogni sorta. Ho ripreso, allora, uno dei miei libri preferiti, Lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke, ed ho sottolineato un brano. " Questo anzitutto: domandatevi nell'ora più silenziosa della vostra notte : devo io scrivere? Scavate dentro voi stesso per una profonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se v'è concesso affrontare questa grave domanda con un forte e semplice "debbo", allora edificate la vostra vita secondo questa necessità.(...)Ma forse anche dopo questa discesa in voi stesso e nella vostra solitudine dovrete rinunciare a divenire poeta,(basta, come ho detto, sentire che si potrebbe vivere senza scrivere, per non averne più il diritto)."

martedì 6 novembre 2012

Frammenti

Stucchi bianchi sul soffitto
grandi finestre sul boulevard
La libreria, la sua ombra sul parquet
pipe di ogni foggia
profumo di tabacco
passione nel raccontare
occhi di ragazza troppo grandi per vedere
Gonna arancione
Capelli ondulati
Parc Monceau





giovedì 1 novembre 2012

Come neve come sole

Natale come figlia è andato via,
Natale caldo come il camino acceso e come il sorriso di tua mamma
Natale festoso, acceso, Natale atteso, desiderato, amato più di ogni cosa
Tuo padre seduto a cucinare, la scarola con l'uvetta e i pinoli
Passi sciolti nella neve spruzzata sul paesaggio scolpito nel cuore
Ora il Natale è solo un ricordo,
tentativo goffo di ripercorrere passi ormai sciolti nella neve

lunedì 29 ottobre 2012

Viva l'Italia

L'italia come "deposito di cose preziose", oppure mera espressione geografica?
Siamo stati nel tempo amati, denigrati, maltrattati in molti modi e da molti. Visitare la mostra di Paul Klee, artista tedesco che ottenne la naturalizzazione solo dopo la sua morte, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, e avvertire come questo sentimento ondivago di ammirazione e nel contempo rifiuto, disprezzo nei confronti dell'Italia sia palpabile."Il diavolo mi porti" scrive Klee nei suoi diari nel 1902," se questo è il mio ultimo soggiorno in Italia. Mi sono a poco a poco affezionato a ogni cosa di questo Paese, persino alla gente, le cui cattive maniere mi disgustavano in principio". L'Italia come viaggio di formazione umanistica di tanti artisti di ogni tempo, che tanta parte ha avuto nella poetica dell'artista; il contrasto tra l'aldiquà e l'aldilà (diesseits-jenseits), celebrato in una poesia del 1920 " Nell'aldiquà sono inafferrabile./Abito bene con i morti/ come i non nati. Sono/ più vicino al cuore della creazione./ Eppure non abbastanza".Il viaggio in Italia inteso anche come "eterna nostalgia per il sud", sud rappresentato nei paesaggi siciliani, inteso da Tulliola Sparagni come "Sud atemporale e dilatato geograficamente nella grande area del Mediterraneo in cui sono riunite la civiltà classica, araba e africana".
La forte emozione provata da Klee a Villa Adriana a Tivoli"vero paradiso in terra". "A sera, c'erano atmosfere di una gravità che, stando alle tradizionali descrizioni cromatiche, non ti saresti aspettato in Italia, se non le avessi viste di persona. Tutto questo supera in forza e fantasia, non solo, ma in serietà e nobiltà estetica quanto si è visto sinora,così che il congedo è come venato di una certa malinconia."
E poi " La  città più bella che abbia visto in vita mia è Genova, con i suoi alti palazzi- ho contato fino a tredici piani- che sanno nascondere splendidamente la miseria."

lunedì 22 ottobre 2012

Tutti i santi giorni

Anti eroi, anti conformisti insomma italiani.
Poetici, intensi, colti, come molti italiani. Semplicemente vivi, ricchi di passato, assetati di futuro. Ci appaiono  così gli interpreti di questo film dove anche prendere il treno diventa puro lirismo, dove il protagonista disdegna un lavoro che gli porterebbe soldi e prestigio pur di aver modo di coltivare con dignità le proprie passioni. La poesia di frasi che arrivano dalla memoria di un bambino, sapienza di nonne mai dimenticate.
Una colonna sonora, fil rouge del film, perché la vita come la musica ha una potenza creativa a partire dalle piccole cose. La cantante, ora attrice,siciliana Thony cui auguriamo un grandissimo successo.

venerdì 19 ottobre 2012

Canottaggio

Punto di vista rovesciato
verde, rapida onda
contro sole,persone piccole dal ponte guardano
il gesto ritmico, potente e coreografico
la barca  sottile che  danza sul fiume

giovedì 18 ottobre 2012

A B2.

Nella prigione dei tuoi  pochi anni
sottile, invalicabile, trasparente muro
tendi la tua mano affusolata
afferra con tutte le forze ricordi felici
non indugiare
non disperarti
capisco la rabbia, l'inquietudine
lasciati abbracciare!

lunedì 15 ottobre 2012

A B.

Il canto buffo di una papera volante
l'incubo della notte,
i suoi fantasmi svaniti
capelli, occhiaie, unghie
l'abisso di un mondo senza amore
la bellezza, i tuoi occhi grandi
capelli arruffati colorati


venerdì 12 ottobre 2012

Pietroburgo

Le cupole dorate di San Isacco risplendono al lento cadere della neve sottile
I passi scricchiolano e gli alberi di Natale illuminano piazze sconfinate
Palazzo d'Inverno, colori tenui, Neva ghiacciata
Passeggiate, freddo che punge il viso, sguardo sollevato per abbracciare tutto
e cogliere altri occhi assorti, accondiscendenti

mercoledì 10 ottobre 2012

Come monadi interconnesse

Metto i cerotti per non spellarmi le mani mentre remo e butto un occhio alla posta e a twitter sul mio telefono rischiando di fare un passo falso mentre cammino sui sanpietrini.
Mi viene in mente Sarah Jessica Parker nel film Did you hear about the Morgans, il suo terrore di vivere lontano dalle sue connessioni con il mondo. E poi penso all' esilarante articolo di Annalena Benini su Il Foglio Occhio al tweet, dove  la generazione di genitori fruitori di tecnologia viene definitia a ragione il più grande pericolo per i figli del nuovo millennio.
Secondo uno studio condotto in Germania da  Wihelm Hofmann dell'Università di Chicago e Katleen D. Vohs dell' Università del Minnesota la tentazione di connettersi sarebbe più forte di quella di fumare,bere e fare l'amore.
Una chiave di lettura diversa, quasi sublime direi, della necessità, o piacere, di accedere alla rete ce la fornisce Maria Luisa Palumbo, coordinatrice dell'area Re Made in Italy della Biennale di Architettura di Venezia. Il suo libro stupendo Paesaggi sensibili dedica un intero capitolo alla strana realtà del virtuale.
"Dalla palafitta all'areoplano alla rete, noi abitiamo trascendendo continuamente l'ambiente che ci è dato: abitiamo immaginando e costruendo mondi ulteriori. E in essi ulteriori forme di esistenza." Secondo l'autrice ciò che può aiutarci a capire meglio la strana realtà del virtuale è la fisica quantistica che ci descrive un mondo subatomico caratterizzato dalla impossibilità di osservarlo senza perturbarlo.  L'interconnessione comporta una velocità di scambio, di battuta, di pubblicazione di qualcosa che può non essere finito."..Io intravedo una stupefacente e affascinante convergenza tra le esperienze che indagano sulla trama profonda della realtà fisica ( portandone alla luce gli aspetti connettivi), le esperienze del nostro sentire mentale e le esperienze di apertura della soggettività rese possibili dalla tecnologia di rete.In questa riconciliazione tra la trama sottile della materia e la strana realtà del virtuale, come spazio e come tecnica della convergenza e della connettività, trovo qualcosa di profondamente spirituale. Una possibilità di comunione o continuità tra forme di esistenza differenti, tra cose sino a ieri inconsapevolmente connesse in un'unica struttura di particelle elementari, domani forse unite da un sentire comune."
   Siamo monadi senza finestre, come credeva Leibniz,o per esistere dobbiamo esser-fuori (ek-sistere) sulla rete?

domenica 7 ottobre 2012

Rue du Bac

Se dovessi tornare a Parigi vorrei abitare rue du Bac, a due passi dal n 23 di rue Vaneau, luogo dell'anima della mia giovinezza. Non potendo ritrovare quell'ultimo piano con le pareti di stoffa dove un enorme gatto nero amava arrampicarsi sino al soffitto, dove affacciandoti sulla terrazza godevi della vista sulle cupole dorate de Les Invalides, cercherei un albergo storico a due passi, sulla rive gauche, il Montalembert.
In questo autunno un pò strano, mi piacerebbe godermi la splendida mostra su Edward Hopper al Grand Palais, oppure l'allestimento del Musèe du Luvre sugli ultimi anni di Raffaello; non perderei l'esposizione su "L'Impressionisme et la mode" al Musée d'Orsay, senza trascurare piccoli gioielli come il museo Picasso e la mostra "La belle Epoque de Jules Chéret" al Musée Toulouse- Lautrec.
Tornerei a sedermi sulle sedioline del Les Deux Magots e mi perderei nelle librerie della rue Bonaparte.www.grandpalais.fr
www.louvre.frwww.musee-orsay.fr www.museetoulouselautrec.net

mercoledì 3 ottobre 2012

Europa je t'aime

L'ambivalenza del mio modo di vedere i francesi ha diverse motivazioni.
Quello che oggi mi interessa è raccontarvi una storia. La luce bianca che entra dalle grandi vetrate di una scuola, i sorrisi sereni e i volti mai indifferenti delle persone che si muovono al suo interno.
Ho incontrato la direttrice diversi anni fa, quando mia madre era ancora viva. Mi è sembrata una francese atipica. Un viso aperto, occhi limpidi e sereni. Uno di quei volti rassicuranti che ti pare di conoscere da quando sei bambina, che trasmettono l'idea di dedizione e serietà.
Dopo un colloquio in parte in italiano, che lei parla perfettamente, e in parte in francese, corretto da lei che ha l'abitudine dell'insegnamento, ho deciso di mandare mio figlio in questa scuola.
La mia fiducia è sempre stata istintiva, qualche cosa che non viene dal ragionamento, ma mi rende sicura più di un calcolo matematico. Non ho avuto un attimo di ripensamento.
Ho trovato sconvolgente, ma anche stimolante il fatto che ogni anno, asilo compreso, i bambini sono abituati al cambiamento. Cambiamento di maestre, cambio di banco a rotazione, per abituarsi a stare insieme a tutti.
In questa scuola mi sono dovuta abituare all'idea che anche delle aiutanti di laboratorio possano diventare maestre.E qui subentra la diffidenza verso quella presunzione palpabile tipica francese. Presunzione anche di saper insegnare l'italiano comme il faut con il minimo delle ore.
La maestra di italiano, che sostituiva la storica maestra Toni, non sembrava in grado di svolgere il programma. Ho ingaggiato la mia battaglia, con la mia voce tremula davanti ad una platea di francesi attoniti, ed ho ottenuto la super visione di una professoressa della scuola pubblica italiana. Con buoni risultati. Si è parte di una comunità dove le cose sono organizzate, ma dove è possibile intervenire per dare il proprio contributo, ove necessario.
L'idillio delle volte si trasforma in incubo quando, alla domanda della professoressa di geografia su cosa si possa fare per lo sviluppo sostenibile, una ragazza francese risponde "educare gli italiani".
Un solo episodio, il solito stereotipo  Ah les Italiens!
Cambiare il mondo è possibile solo se è dato più spazio a persone serie, con occhi limpidi e attenti. Una francese che sembra un'italiana.
Non esisterà Europa che funzioni senza un profondo reciproco rispetto.

lunedì 1 ottobre 2012

La contessa di ricotta

Leggere per la prima volta  un romanzo di Milena Agus in francese. Leggerlo perchè incuriosita dal numero di agosto di Magazine Littéraire che la menziona tra le dieci grandi voci della letteratura straniera insieme a scrittori del calibro  di John Maxwell Coetzee e Mario Vargas Llosa. La capacità dei francesi di scoprire talenti non solo letterari d'oltralpe è indubbia, e spiega la ragione per cui in Italia il successo è arrivato solo dopo la risonanza che il suo secondo romanzo Mal di pietre ha avuto in Francia.
Essere proiettati nella luce, nei suoni e negli odori del libro che leggiamo. Sembra quasi di vedere il quartiere di Castello di Cagliari descritto come un posto dove poveri e ricchi, intellettuali e ignoranti abitano le stesse case  ed é facile vedere come vivono gli altri perchè le strade sono strette e la gente si parla da una finestra all'altra, da una porta all'altra, si sente tutto d'estate quando si tiene aperto per il caldo.
E mentre il titolo ci farebbe pensare al nome di una famiglia di antico lignaggio scopriamo che la protagonista è una contessa sì, ma maldestra e con un cuore ferito dalla vita reale. È una creatura esile, poetica, che indugia sull'uscio prima di entrare e che abita il più buio degli appartamenti dello splendido palazzo avito.Molto diversa dalla sorella Maddalena sensuale e disinibita. Così diversa anche da Noemi che si vanta di avere una visione sistematica delle cose, mentre la contessa di ricotta è così attenta ai particolari che le sfuggono, con cui mina quella visione d'insieme. Ci sono giorni magici, però, in cui le tre sorelle si alzano presto, quando non c'è nessuno e  tutto è limpido e i colori sono vivi e si sente un delizioso profumo di pesce fresco, l'aria, la gaiezza della tavola apparecchiata e delle vacanze e la vita non sembra poi così male, "perchè Dio non è affatto un imbecille e sa molto bene quello che fa".

sabato 29 settembre 2012

La Petite Dame

 Ci sono cose che non mi riesco a spiegare.Come il costume italico di tradurre i titoli dei film.
Il bellissimo Intouchables è stato tradotto Quasi amici, tanto valeva il titolo del libro da cui la storia è tratta "Il diavolo custode". Illuminanti sono le parole dette ai registi dal protagonista della storia vera fate in modo che sia divertente perchè questa è una storia che va trattata con umorismo. Più che un parigino miliardario sembrerebbe un napoletano.
Chiave di lettura del film è la frase pronunciata da François Cluzet quando, all'avvocato che lo metteva in guardia dal fatto che il suo assistente fosse senza pietà, lui risponde che è esattamente ciò di cui aveva più bisogno. Il bravissimo e divertentissimo Omar Sy adempie magistralmente al compito e ci fa ridere con battute brutali, prive di compassione, esilaranti. E poi penso all'infermiera nera di quell'ospedale grigio alla periferia di Parigi, talmente alta e robusta da far sembrare mia madre una bambina e penso al fatto che la mancanza di grazia di queste persone è stata smentita dal soprannome che diedero a quella signora italiana, dolce e mansueta la Petite Dame.

giovedì 27 settembre 2012

Father Martini 2

"Non ho paura del silenzio, ma mi vado chiedendo, tuttavia, che cosa voglia dirmi il Signore con questa crescente difficoltà che sto da un lato combattendo e dall'altro sto accettando". Questa frase ci mostra l'uomo prima del Cardinale.
Mi sembra quasi di conoscere Father Martini il fine biblista che durante la messa all'Istituto Biblico di Gerusalemme indossava una stola multicolore rossa gialla e azzurra così diversa da quella verde degli altri. E lo vedo indebolito dalla malattia recarsi nella redazione del Corriere della Sera il 19 giugno 2012  in mezzo al silenzio e all'imbarazzo che spesso crea il trovarsi di fronte alla sofferenza.
Per lui la comunicazione non era dire qualcosa a qualcuno dove quel qualcosa si può allargare a livello planetario attraverso il mondo della rete. Egli amava dire che "Un gesto sarà tanto più comunicativo in quanto non solo comunicherà informazioni, ma metterà in rapporto le persone...Essa non è soltanto trasmissione di ordini o proposta di regolamenti ma suppone una dedizione, un cuore che si dona e che quindi è capace di muovere il cuore degli altri". Andando di persona, malato, ridotto a bisbigliare al suo aiutante le parole che poi egli riferiva, mi sembra che abbia voluto testimoniare, anche nella malattia, e proprio nel momento di maggiore fragilità ciò che lo ha sempre animato: il dono di sé.
Si consiglia la lettura:
Colti da stupore di Carlo Maria Martini

martedì 25 settembre 2012

Il popolo del libro

Vai lontano, fermati a lungo, guarda con attenzione.
Così  Outside sintetizza in maniera efficace l'etica del viaggiatore globale. Mi sento anche io israeliana identificadomi con i giramondo itineranti che si muovono da un libro all'altro.
Non si tratta di un libro normale, ma di un'informe e perennemente incompiuta collezione di diari provenienti dai più remoti angoli del mondo. Un libro affascinante che leggo e rileggo Laboratorio Israele, di Dan Senor e Saul Singer, si interroga anche sulle motivazioni che fanno del viaggio una ragione di vita dei giovani israeliani. La sociologa dell'università Ebraica Darya Maoz la chiama onda, secondo altri è semplice necessità di evadere dopo anni di isolamento del servizio di leva.
C'è un Libro a 3600 metri di altezza a La Paz in Bolivia nel ristorante El Lobo. "I contributi in varie lingue creano un aleatorio, al tempo stesso frustrante e meraviglioso carnevale di idee, appelli, vanterie e numeri telefonici obsoleti" e nonostante il Libro non sia esclusivamente israeliano, i suoi autori e i suoi lettori sono per lo più persone venute da Israele. "Vivere qui, circondati da nemici, induce un senso di prigionia mentale. E appena il cielo si apre, prendi il largo".

lunedì 24 settembre 2012

Gubbio

Un'amaca sospesa sul prato verde
profumo di mentuccia
il corpo si abbandona al leggero dondolio
Il cedro del libano
ricordi dell'anima e ferite ormai sanate ondeggiano
come il corpo

domenica 23 settembre 2012

Pietre

Pietre consumate,
calpestate, lucide,
sporche, délabrées
Eppure belle, odorose
vissute, felici

Elena, mia madre

Con un tratto definisce emozioni
ricerca di bellezza
esteta senza fine
amore sconfinato
mare blu cobalto
occhi come il mare
Amore puro come una pietra introvabile
più rara della vita vera

Viaggio

Aeroporto, valigie
gins, lavamani.
Decollo con ansia
nuovo viaggio, avventura dell'anima
Parigi o cara
Il Deauville, croque monsieur e croque madame
TGV atlantique, Perros Guirec
Nous sommes très heureux d'etre ici

sabato 22 settembre 2012

www.castracane.it
Luoghi del cuore
ascoltare l'eco dei propri passi su pietre levigate
essere stranieri a sè stessi e al mondo
saper gioire della bellezza e con essa risplendere

venerdì 21 settembre 2012

Father Martini

Si può parlare della malattia senza spettacolarizzarla, si possono affrontare le complesse questioni poste dalla scienza in modo pacato con spirito sinceramente aperto al confronto, si può dire la parola tumore senza piangersi addosso, si può parlare di un uomo di Chiesa senza parlare della Chiesa ma della sua umanità?
C'è una frase che testimonia la continua ricerca della verità dell'uomo che diceva "la vita non è riducibile a un oggetto biologico costruito dalle scienze, ma è piuttosto l'esperienza di un senso donato che dischiude alla coscienza una promessa che la interpella, sollecitandola all'impegno e alla decisione di sé nella relazione con l'altro" E allora immagino quell'uomo avvolto in una giacca a vento blu che indossa degli occhiali che gli permettono di ascoltare la musica di Mozart mentre costeggia le antiche mura di Gerusalemme. Lo vedo seduto al bar di un distributore di benzina vicino all'Istituto Biblico dove, in ebraico, ordina due caffè. Uno per sè ed uno per il chirurgo Ignazio Marino.
Non si fa altro che parlare del Cardinale Carlo Maria Martini come l'uomo del dialogo. Forse è vero.
Come si fa a non dialogare con chi pone domande. L'aspetto però che più colpisce leggendo il libro "Credere e conoscere" di Carlo Maria Martini e di Ignazio Marino è la chiarezza su temi etici che riguardano la vita, la morte, il progresso della scienza e l'evoluzione inarrestabile del mondo.
Alla luce delle polemiche che hanno suscitato le sue decisioni ultime basterebbe leggere le sue parole sul tema. "Più volte anche la Chiesa cattolica si è dichiarata contraria alle cure non appropriate o sproporzionate. Giovanni Paolo II riteneva lecito "...rinunciare a interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perchè ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perchè troppo gravosi per lui e per la sua famiglia...La rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia; esprime piuttosto l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte" (Evangelium Vitae, 25 marzo 1995)

giovedì 20 settembre 2012

La République et la caricature

Non si possono guardare le vignette pubblicate su Charlie Hebdo senza andare alla tradizione francese della stampa satirca, partigiana del valore quasi religioso della laicité.
La legge sulla libertà di stampa approvata il 29 luglio del 1881, considerata da George Weill una delle più liberali al mondo, abrogando l'articolo 1 della legge del 1822, che sanzionava duramente l'oltraggio ai culti riconosciuti dallo Stato francese sin dal 1802, determina il fiorire della stampa satirica repubblicana.
La Francia propugna da secoli l'incompatibilità radicale tra l'utopia civica della libertà nell'uguaglianza e nella fratellanza rispetto alla dimensione escatologica della Chiesa e sarebbe incoerente affermare tale principio in modo selettivo verso alcune religioni.
Le controversie legate al voto della legge sulla separazione tra Stato e Chiesa suscitano un'abbondante produzione di caricature pubblicate su riviste fondate da liberi pensatori come L'Assiette au Beurre dove lavorano artisti influenzati  dall'Art nouveau come Jossot, Roubille, Koupka, Delannoy, Galanis, Grandjouan, Galantara, Herman-Paul, Poublot.
Tra il 1901 ed il 1910, edite a colori con molta cura, riviste come L'Assiette au Beurre e Le Canard sauvage costano care e raggiungono solo la borghesia progressista. Per rispondere all'esigenza di una stampa satirica, popolare e a buon mercato necessaria per far progredire le loro idee, in due anni vengono fondate diverse riviste illustrate che hanno come bersaglio privilegiato la Chiesa come l'Internazionale, nata nel 1904 con l'appoggio dei socialisti, Les Corbeaux nata nel 1905 e La Calotte, fondata nel 1906 e vicina al partito radicale.
Con la legge sulla separazione tra Stato e Chiesa si realizza l'auspicio di Jules Ferry di organizzare l'umanità senza Dio e senza re. Un tale auspicio, diventato realtà nei confronti della Chiesa Cattolica, dovrebbe valere nei confronti di tutte le religioni.
Si consiglia la lettura:
la République et L'Eglise. Images d'une querelle di Michel Diximier, Jacqueline Lauette, Didier Pasamonik  Editions de la Martinière

ilgiornaledellarte

mercoledì 19 settembre 2012

A mio padre

"La sua voce e le sue gambe sono indebolite ma il pensiero corre veloce e spesso devo cercare la massima concentrazione e capacità di ragionamento per non rimanere indietro rispetto al suo spirito che è insieme rivoluzionario e umile". Questa frase con cui Ignazio Marino  descrive il Cardinale Carlo Maria Martini è adatta a descrivere il mio stato d'animo di fronte  a mio padre nel giorno dell'anniversario della sua morte."Purtroppo la malattia non rispetta un uomo ancora così attivo e dinamico nella mente e nello spirito".
Sapere affrontare con dignità e grandezza di spirito situazioni di indicibile sofferenza è il più grande pegno d'amore che mi abbia lasciato.
Mentre parlo sento inflessioni nella mia voce che mi fanno trasalire perchè mi sembra la sua voce. Avrei bisogno delle volte di sentire il suo passo deciso verso la mia stanza e il suo tenero saluto.
La sua ironia, il suo spirito mai prostrato, mai servile, il suo amore per il sapere e del bello, la sua umanità.
Il rammarico che mio figlio non l'abbia potuto chiamare Grand père.


lunedì 17 settembre 2012

Memoires

Per capire quanto è importante la formazione dei nostri figli basta scorrere le "Memoires" di uno dei padri dell'Europa Jean Monnet.  " J'ai appris que nous vivion dans un monde de dimensions très vastes, et il m'était naturel de penser que j'aurais affaire à des gens parlant d'autres langues, ayant d'autres habitudes." Si potrebbe dire un francese sui generis, infatti lui stesso precisa di essere cresciuto nella regione del Cognac,  dove si ignorava il nazionalismo così caratteristico del sentire francese.
L'apertura mentale dipende dall'impostazione e dall'educazione che diamo ai nostri figli sin dalla nascita ed è per questo che trovo il sistema scolastico italiano ormai antiquato e da riformare. Qualcosa è stato fatto con la sottoscrizione nel 2009 di un trattato tra Italia e Francia che prevede l'istituzione dell'ESABAC nelle scuole italiane e francesi che vogliono aderire al programma.
A parte qualche eccezione eccellente, come il Convitto Nazionale a Roma , che prevede il Liceo classico europeo con la possibilità di studiare alcune materie in francese, altre in inglese e con il doppio diploma alla fine del percorso scolastico, non sembra adeguatamente sviluppata una opportunità importante.

domenica 16 settembre 2012

block notes

In ogni nuovo inizio c'è qualche cosa di magico
come un balletto di Bolle al Teatro alla Scala
la mostra di Picasso a Palazzo Reale a Milano
 l'ebrezza di remare sul Tevere
www.canottaggio.org
www.lagapa.com

Flaner

Se promener sans but précis.
Più che una parola è per me uno stato d'animo, il sentirsi leggeri e felici mentre si cammina senza un posto dove andare, respirando l'atmosfera dei luoghi che vogliamo scoprire.
Flaner significa anche tornare indietro nel tempo, un tempo dell'anima dove i ricordi della città che ami si fondono con i tuoi affetti più profondi.
Malinconia e gioia di vivere
notte e giorno
vita e morte