mercoledì 21 novembre 2012

Neanche uno è già troppo

Da quando ha avuto orecchie per ascoltare ho letto a mio figlio tante storie.
Alcune erano storie vere.
Lasciando per un attimo in disparte i sensi di colpa, posso sentirmi soddisfatta di avergli trasmesso il mio amore per la storia, per i fatti.
E così come un fatto storico andrebbe analizzato il conflitto arabo israeliano, senza le lenti deformanti delle ideologie. Quello che mi colpisce in questi giorni, ma più in generale quando si parla di questo tema così complesso è che molte persone prendono posizioni molto nette senza alcun riferimento alla storia e ai fatti che ci hanno portato sino alla crisi attuale.
Bisognerebbe ricordare che dopo la seconda guerra mondiale, quando la realtà dell'olocausto divenne nota a tutti, nei paesi occidentali la riluttanza ad accogliere gli ebrei superstiti non venne meno.
Il governo canadese espresse lo spirito di molti altri governi quando uno dei suoi esponenti sentenziò: "Neanche uno è già troppo". Occorre anche ricordare la risoluzione  181 dell'ONU che stabilisce la spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico. Questa risoluzione, accettata dagli ebrei, non è mai stata ratificata dagli arabi. Di qui l'origine del conflitto.
Nella "Dichiarazione della fondazione dello Stato di Israele" si legge  "la catastrofe che si è abbattuta recentemente sul popolo ebraico, in cui milioni di ebrei in Europa sono stati massacrati, ha dimostrato concretamente la necessità di risolvere il problema del popolo ebraico privo di patria (...) Lo Stato di Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica".
Non si può parlare dello Stato di Israele, quindi senza far riferimento alla indifferenza del mondo occidentale di fronte ad un Paese anch'esso occidentale, che però è stato riconosciuto come tale dalla Santa Sede solo il 30 dicembre 1993.
Non si può parlare dello Stato di Israele senza parlare di Yitzchak Rabin, che non perse mai di vista lo scopo fondamentale di tutte le operazioni belliche di Israele: difendersi e creare le condizioni per arrivare alla pace. Fu lui che il 13 settembre 1993 giunse alla firma della "Dichiarazione dei principi israelo-palestinesi". Rabin pur avendo diretto numerose guerre, che sono state necessarie per la sopravvivenza di Israele, diceva che "la violenza corrode i fondamenti della democrazia israeliana. Bisogna condannarla, bisogna deplorarla, bisogna isolarla. Non è questa la storia dello Stato di Israele. Questa manifestazione deve trasmettere al mondo il desiderio di pace del popolo di Israele".
E il mondo che fa?

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