venerdì 21 settembre 2012

Father Martini

Si può parlare della malattia senza spettacolarizzarla, si possono affrontare le complesse questioni poste dalla scienza in modo pacato con spirito sinceramente aperto al confronto, si può dire la parola tumore senza piangersi addosso, si può parlare di un uomo di Chiesa senza parlare della Chiesa ma della sua umanità?
C'è una frase che testimonia la continua ricerca della verità dell'uomo che diceva "la vita non è riducibile a un oggetto biologico costruito dalle scienze, ma è piuttosto l'esperienza di un senso donato che dischiude alla coscienza una promessa che la interpella, sollecitandola all'impegno e alla decisione di sé nella relazione con l'altro" E allora immagino quell'uomo avvolto in una giacca a vento blu che indossa degli occhiali che gli permettono di ascoltare la musica di Mozart mentre costeggia le antiche mura di Gerusalemme. Lo vedo seduto al bar di un distributore di benzina vicino all'Istituto Biblico dove, in ebraico, ordina due caffè. Uno per sè ed uno per il chirurgo Ignazio Marino.
Non si fa altro che parlare del Cardinale Carlo Maria Martini come l'uomo del dialogo. Forse è vero.
Come si fa a non dialogare con chi pone domande. L'aspetto però che più colpisce leggendo il libro "Credere e conoscere" di Carlo Maria Martini e di Ignazio Marino è la chiarezza su temi etici che riguardano la vita, la morte, il progresso della scienza e l'evoluzione inarrestabile del mondo.
Alla luce delle polemiche che hanno suscitato le sue decisioni ultime basterebbe leggere le sue parole sul tema. "Più volte anche la Chiesa cattolica si è dichiarata contraria alle cure non appropriate o sproporzionate. Giovanni Paolo II riteneva lecito "...rinunciare a interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perchè ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perchè troppo gravosi per lui e per la sua famiglia...La rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all'eutanasia; esprime piuttosto l'accettazione della condizione umana di fronte alla morte" (Evangelium Vitae, 25 marzo 1995)

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