martedì 15 gennaio 2013

Incipit 2

E poi abbiamo vissuto come sospesi in una perenne attesa di rincontrarti per riunirci.
Salutati gli amici, i compagni di classe, tu ci hai detto che avevate deciso di non partire più.
Tanto tu saresti tornato presto. Dopo due anni. Poi sono stati cinque. E poi altri cinque.
Le delusioni dei bambini sono assolute. Cocenti dolori che non sai riconoscere, ma che sono lì ad assorbire ogni tuo pensiero, ogni tua energia.
Ricordo come ieri il prato con il mare davanti e i festosi saluti, il prometterci che ci saremmo rivisti l'estate seguente. Non ero triste, ero raggiante, felice di andare a vivere in un nuovo Paese, nuovi amici.
E poi dentro casa, ricordo la luce gialla sul tavolo e noi seduti intorno. Tu che ci dicesti un pò ridendo una cosa così dolorosa.
Per tutta la mia vita, delle volte ancora adesso, mi sono chiesta il perchè. Perchè dopo aver salutato amici e compagni di scuola; perchè dopo aver visto la casa, quanto era bella.
Perchè io e mamma in macchina a cantare "marameo perchè sei morto" in tempi sfalzati, le risate e poi l'incessante domanda ed il senso di assoluta impotenza, l'ineluttabilità delle cose e la speranza che prima o poi tutto cambi.
Ho vissuto la quinta elementare come una punizione. Ho odiato la maestra e la bella calligrafia. Amavo solo i miei disegni di boschi incantati dove facevo muovere figurine di carta, fate, streghe, folletti.
Mi entusiasmava solo la storia, i moti carbonari del 1820, Pietro Micca disegnato sul quadernone.
Osservavo con occhi grandi e interrogativi mia madre che truccava i suoi occhi blu e tristi. Ci divideva uno schermo trasparente che nè io nè lei potevamo valicare.

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